Linux dice addio ai 486 e ai primi Pentium
È ora di abbandonare il supporto a un processore lanciato nel 1989, eppure ancora vivo nei sistemi embedded.
TECH


Il kernel Linux si prepara a dire addio a un pezzo di storia dell'informatica: con la versione 6.15, prevista entro la fine di maggio o l'inizio di giugno, verrà rimosso il supporto per i processori Intel 486 e i primi 586 (Pentium), come annunciato dallo stesso Linus Torvalds. Questa decisione arriva oltre 20 anni dopo che Microsoft ha interrotto il supporto per questi chip con Windows XP nel 2001. I 486, introdotti da Intel nel 1989, erano processori davvero potenti al momento della loro uscita. Torvalds ricorda il 486DX a 33 MHz come «il chip più veloce in circolazione» all'epoca. Ma dopo tutto questo tempo sono naturalmente relegati a musei e sistemi embedded di nicchia. La rimozione del supporto, proposta dal veterano del kernel Ingo Molnár, elimina circa 15.000 righe di codice, semplificando il kernel e migliorando le prestazioni sui sistemi moderni. Tra le modifiche tecniche, viene abbandonata l'emulazione software della floating-point unit (FPU), necessaria per CPU come il 486SX, che manca di una FPU integrata. Sono inoltre richieste funzionalità come il Time Stamp Counter (TSC) e l'istruzione CMPXCHG8B, assenti nel 486 e nei primi 586, inclusi i chip IDT WinChip e AMD Elan. Sebbene pochi utenti siano realmente interessati perché l'ultimo 486 commerciale è stato prodotto nel 2007, ci sono alcuni sistemi embedded che utilizzano ancora questi chip, per non parlare degli appassionati di retrocomputing; questi dovranno fare affidamento su versioni precedenti del kernel Linux, definite da Torvalds come «kernel da museo».